Dono, quel nodo che infrange le regole
In questo nostro tempo così fragile e minore, il termine dono si è appiattito su quello di regalo. Il calendario è scandito da momenti in cui ci sentiamo in obbligo di fare regali, mentre il dono spontaneo tende a svanire, al pari delle scelte libere e altruiste.
Per comprendere la differenza tra le due voci facciamoci aiutare da un semplice gioco: regalo anagramma in regola, a suggerire che ci sono date e periodi che obbligano alla strenna. Il gesto perde di spontaneità e viene regolato da un’industria che ci “suggerisce” il regalo “giusto” per ogni occasione.
Al contrario, l’anagramma di dono è nodo, a suggerire che il dono crea e rafforza i legami tra le persone, favorendo la reciprocità a tutela della comunità. Termine, quest’ultimo, che deriva da communitas, composto da cum (insieme) e da munus, che significa obbligo, ma anche dono, favore, offerta. Come a dire: la comunità è costituita dalle persone che si stringono intorno a un compito comune vissuto come dono reciproco.
Immaginiamo un arazzo: il retro è fitto di nodi, il fronte riluce di splendidi motivi. Allo stesso modo i doni, cioè i nodi stretti dai benefattori, generano un tessuto di rara bellezza, salute e meraviglia. Per questo lasciti e donazioni costituiscono il cuore della Fondazione Comasca, per questo il suo motto recita: «Il lascito solidale. Un dono che rimane». Giusto 7 parole, guarda caso: non una di più, non una di meno.
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