La pasta, i ricordi e i sughi

19/03/2025

Un fiume in piena. Sto parlando di Robi Amaddeo, il titolare di Da Mimmo, che quando parla di cibo non lo fermi più. Figuriamoci quando tocca alla pasta.

«Quello che mi ha sempre incuriosito della cultura alimentare italiana è questa sua capacità di frammentazione infinita. È così anche per la pasta e per i suoi formati e misure, non c’è regione, ma che dico regione, non c’è provincia, ma addirittura comune, che non si sia fatto notare per un particolare formato di pasta. Da Trento a Catania ci sono infinite varietà di tipi di pasta, corta, lunga, mezza penna, maccherone lungo corto, pacchero, pici, eliche, fusilli e chi più ne ha più ne metta».

A tante paste corrispondono altrettanti sughi?, gli chiedo. «Certo! Del ragù conosciamo almeno tre versioni, quella del profondo sud Italia che evitava la carne di maiale, quella Campana che invece della braciola di maiale ne faceva una questione di principio dal quale non derogare, come raccontava Eduardo De Filippo nel libro di sua moglie Isabella Quarantotti, Si cucine comme vogl’i’; e poi quello bolognese, dolce come le curve degli Appennini, che mischia carne di manzo e di maiale, caratterizzato dal colore meno rosso».

E hai dei ricordi personali sulla pasta?, faccio io. «Da bambino spizzicavo sempre un po’ di pasta cruda che la mamma o la nonna stavano tirando. E mi ricordo bene la pasta scaldata al momento del mio arrivo a casa, magari coperta da un altro piatto per non farle perdere il calore. E la pastina in brodo nelle serate d’inverno. Tanti tipi di pasta, tanti momenti diversi. L’unica cosa che non ho ancora capito è perché in Italia diciamo pasta al singolare mentre i francesi dicono Les Pates. Capito perché i francesi sono svegli?». Ho capito, sì. I francesi sanno far andare la lingua. Noi a volte ci contentiamo dei denti.

E tu, quale sugo preferisci per la pasta? Raccontacelo!

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