Quel che un racconto non deve essere

02/10/2022
Rafal Olbinski, Racconti d’inverno

Certo, scrivere un racconto in 7 parole è un bell’azzardo. Soprattutto se non si ha proprio chiaro in che consiste questa forma letteraria. Oggi proviamo a lavorare ex negativo, levando cioè di torno tutto quel che con un racconto non ha proprio niente a che fare. In ordine alfabetico con tanto di spiega ed esempio, ecco alcune forme espressive da evitare mentre si compone; l’obiettivo non tanto è quello di trattarle tutte, quanto di indirizzarvi verso la soluzione migliore.

Argomentazione, ovvero una serie di prove a sostegno di una tesi, di un determinato punto di vista: «Le ragioni di Putin sono regioni. Ucraine».
Auspicio, ovvero l’espressione pura e semplice di quel che ci piace e motiva: «Ah, che bello un mondo senza guerre!».
Calembour, ovvero gioco di parole che riformula una frase nota, un motto, un proverbio: «Deiezioni canine: chi la fa, la pesti».
Definizione, ovvero la spiegazione esatta, il limite e confine di un concetto: «L’uomo: l’animale sociale per eccellenza».
Descrizione, ovvero il riferimento a quel che dagli occhi trascorre dritto al cuore: «Un’alba ricca di colori e profumi».
Dichiarazione, ovvero certificazione o negazione del dato oggettivo: «Io non scrivo racconti di 7 parole».
Invettiva, ovvero accusa più o meno velata, in certi casi offesa: «Un consiglio? Fatti vedere da uno bravo!»
Invocazione, ovvero una richiesta di soccorso e protezione: «O sante Muse, poi che vostro sono».
Poesia, ovvero quella composizione ellittica e allusiva che procede per accenni: «Per me si va nella città dolente».
Preghiera, ovvero non c’è bisogno di spiegare: «O Signore Gesù, illumina il mio cammino».
Stato d’animo, ovvero la fotografia del presente di chi scrive: «Io mi sento così sola nel silenzio».
Prendiamo proprio l’ultimo esempio, lo stato d’animo, e proviamo a trasformarlo in racconto, sempre di 7 parole: «Mi sento così sola nel tuo silenzio». Vedete, basta un pronome per cambiare totalmente senso e destino del testo. Quel tuo aggiunge in un’unica mossa i due elementi necessari perché un racconto si possa definire tale: la sorpresa e il mistero, aspetti di cui ho parlato qui.

Un commento a questo articolo

  1. Paolo ha detto:

    Chiarissimo, grazie, per fortuna sono ancora qui che ci lavoro….