Goethe, il colore è figlio dell’ombra

Da vero esploratore della natura, nella Teoria dei colori Goethe richiama una verità che spiazza ancora oggi: «Il colore non nasce dalla luce pura, ma dall’ombra». È più che un paradosso: noi pensiamo ai colori come figli del sole, vibranti e luminosi, e invece lui li riconduce a ciò che la luce non è, a quella zona intermedia dove il mondo non è né chiaro né buio.
A giudizio di Goethe, il colore vive proprio nella frizione, nella opposizione. La luce da sola è troppo perfetta, troppo uniforme per generare varietà. Serve l’ombra — cioè una differenza, un ostacolo, un impaccio — perché il colore possa mostrarsi. È nella differenza – cioè nell’Ombra – che il visibile diventa veramente tale.
E infatti le “ombre colorate” sono uno dei fenomeni più sorprendenti: basta osservare un oggetto proiettare la sua sagoma vicino a una superficie illuminata da due luci diverse per scoprire che l’ombra non è grigia, ma vibra di tinte sottili. L’ombra, insomma, «non toglie il colore: lo rivela».
Forse è questo il punto che parla anche a noi, non solo agli studiosi. L’ombra — quella psicologica, culturale, simbolica — non è soltanto mancanza, o semplice proiezione: è ciò che dà profondità. Senza ombra saremmo piatti, accecati da una luminosità uniforme. Con l’ombra, invece, emergono sfumature inedite, che non sapevamo di avere.
Goethe ci suggerisce di non fuggire l’ombra, ma di accostarla con curiosità. Lì, spesso, i colori sono più vividi e sinceri.
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