È andata così, parola di Vitello Grasso

Bentrovato signor Vitello Grasso, e grazie per…
Grasso un corno! Che poi anche su Vitello avrei da ridire, mi mancava qualche giorno per diventare Manzo, ti rendi conto? Se proprio proprio Vitellone, allora. E poi, perché grasso? Hai presente il testo greco del Vangelo cosa dice? τὸν μόσχον τὸν σιτευτόν, il vitello ben pasciuto, se vuoi, non grasso! Dai, avrei accettato paffuto, in carne, ben messo, muscoloso, florido, prosperoso, al limite pingue, atticciato persino, ma non grasso! Così sembra che ero un obeso al pascolo, un tempellone che trascina la coda per i prati. Che tristezza!
Già trovare il Vitello giusto, pardon Manzo, è stata un’impresa, ci mancava anche un inizio in salita.
Scusi, siamo partiti con la zampa sbagliata.
Questo è certo. Ma anche Luca, cosa credi? Come Luca chi? L’evangelista. Ha scritto almeno 50 anni dopo la morte di Gesù, mica c’era lui quando mi è toccata. Sono io il testimone, il martire. Sì, martire, che in greco vuol proprio dire testimone. Non lo sapevi, vero? Ti si legge in faccia che tu certi studi proprio…
Ma chi si crede di essere questo? Provo a lisciargli il pelo, si sa mai che abbocchi.
Lei è davvero molto istruito, signor Manzo.
Ovvio, siamo tutti piuttosto colti noi bovini, cosa credi? Hai idea di cosa vuol dire passare una decina di ore al giorno a ruminare? Ah non lo sapevi che ci mettiamo così tanto? Dio che ignorante! Vieni a intervistarmi e manco sai come funziona. Ti mancano proprio le basi, ti mancano! Noi bovini bruchiamo di corsa – è un comportamento atavico, siamo abituati così dai tempi dei predatori – e poi cerchiamo un posticino appartato per ruminare come si deve. E mentre ruminiamo, cosa vuoi, ci facciamo delle domande, cerchiamo di capire come funziona il mondo. Il tempo a disposizione ci ha resi filosofi, ecco.
Hai capito? Adesso ti frego io.
Siete gli animali più intelligenti del pianeta?
Beh, direi proprio di sì. Il bovino rumina, chi rumina pensa, il bovino pensa, toh, beccati il sillogismo. Siamo allevati dall’uomo, ma non alleati, cosa credi? L’uomo semmai ci sfrutta, è la dialettica servo-padrone di Hegel, hai presente? Il padrone si illude di comandare, ma è il servo che trasforma la natura e dà al padrone di che vivere. Ecco, noi siamo servi, ma il padrone è servo dei servi, senza di noi hai voglia latte e latticini. E la carne, certo. Che crudeltà, ci pensi mai? Insomma, noi bovini non siamo mica fessi come gli altri della fattoria. Inclusi i maiali eh, quelli russano anche da svegli.
Quattro domande e non ho nemmeno sfiorato il tema. Provo ad affondare il colpo.
Se la sente di raccontarci il fatto?
No, non mi va per niente. Se ci pensi bene, questa storia non ha senso, più rumini e meno la capisci. La faccio breve: il figlio minore sparisce coi soldi e chi s’è visto s’è visto; il maggiore lavora dalla mattina alla sera, non perde una giornata che è una, mai un lamento, è tutto un «Sì Signor Padre, come volete voi Signor Padre». Un bel giorno arriva uno straccione, puzzava peggio di un carico di letame. Salta fuori che è lo scapestrato di ritorno, senza neanche un copeco di quanto aveva preteso.
Chiede perdono al Padre, s’inchina. E il vecchio cosa fa? Lo fa rivestire manco fosse un principe, che poi non era meglio lavarlo prima, dico io? Non contento, convoca una festa grande. E a quel punto per la stalla corre un certo brivido, festa grande uguale a chi tocca, ci siamo capiti. Però pensavamo che, insomma, va bene che ti torna il figlio, ma per uno così al massimo scanni un capretto, dai, è abbastanza, no? E invece il Padre no, prendete il Vitello migliore, e qui viene il bello. Anzi, l’orrore.
Ora il Manzo tace, ha perso lo spunto, l’ardore. Provo a pungolarlo, ma non devo esagerare.

Come ha capito che toccava a lei?
A un certo punto abbiamo sentito dei passi. Noi tenevamo la nasiera nella mangiatoia, sai come va in questi casi, se alzi gli occhi finisce che tocca a te. Ma quando ho visto che era Malco, il servo sciocco, ho capito che cercava proprio me. C’era una certa ruggine tra noi, e non è detto che fosse tutta colpa sua, ci avevo messo del mio. Ora lo posso riconoscere, ai tempi no, non l’avrei mai confessato.
Fatto sta che ho alzato il muso e gli ho piantato gli occhi addosso, come a dire: «Lo so che sei qui per me, cosa credi?». E ti assicuro che non ero il più in carne del lotto, anzi, un paio di grassi veri in stalla c’erano, eccome. Ha preso la cavezza e mi ha tirato fuori. Forse si aspettava più resistenza, noi bovini sappiamo quando ci tocca, puntiamo gli zoccoli, tendiamo il collo. Il macello lo sentiamo nel sangue. E invece l’ho seguito senza fiatare. Ma sai qual è stata la cosa peggiore?
Una pausa breve, elementare.
La musica, i canti, la gioia. Mentre morivo dissanguato tutt’intorno si scatenavano le danze. L’unico che non era allegro per niente era il figlio maggiore. Se ne stava nero nero in un cantone, secondo me la pensava come me, per quel cretino di suo fratello bastava un capretto, che senso ha far fuori un Vitello? Anzi, di più: un Manzo.
E qui tace di nuovo, invitandomi a osare.

Come spiega la scelta di quel Padre?
Ci sono arrivato per caso, devo dire. Un bel giorno di primavera, mentre ruminavo qui nei nostri pascoli celesti, un bel giorno dicevo stavo sfogliando alcune riproduzioni di Rembrandt… Ti vedo sorpreso, hai già dimenticato che siamo gli animali più intelligenti del lotto? Lotto con la minuscola, non il pittore! Dio che imbranato mi avete mandato…
Insomma, tra una riproduzione e l’altra mi capita proprio la scena del figliol prodigo che si inginocchia davanti al genitore. Osserva bene il dipinto: il pittore ritrae il Padre con una mano maschile e una femminile. Sì, abbraccia il figlio con due mani diverse! Sai che vuol dire? Che quel Padre era anche Madre, perché conosceva sia la legge, sia il perdono.
Improvvisamente tutto mi è stato chiaro: la legge è davvero giustizia solo se conosce la grazia. È stato un lampo, una crepa di luce: e allora ho compreso il Padre e il figlio minore, chi cantava e danzava, quel sempliciotto di Malco, persino il figlio maggiore, che non voleva capire. E ho perdonato tutti di cuore.
Una pausa come a dire: adesso stammi bene a sentire.
Ti prego, fallo sapere ai tuoi lettori.
Claudio Calzana
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