Paolo Quaresima, l’arte oltre la fotografia

18/10/2025
Paolo Quaresima, Grande caffellatte (olio su tavola, 2015, part).

No, non sono nature morte quelle di Quaresima. Rappresentano gli “strumenti feriali della vita“, come ama definirli l’artista meranese: indumenti, stoviglie e utensili vari, oggetti eterogenei che pure stanno a meraviglia dove stanno. I suoi quadri restituiscono dignità agli oggetti che raramente badiamo di uno sguardo. Il risultato? Lo stupore per la convivenza tra le cose, il supremo silenzio della scena, la ritrovata quiete interiore di chi osserva.

Nato nel 1962, Quaresima ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Inizialmente si concentra su volti e figure, poi ecco la svolta: gli oggetti diventano protagonisti. Oggetti vissuti, anzi vivi, perché custodiscono tracce di vita — segni d’uso, usura, rotture. Chi le impiega non è lontano, è appena fuori dalla scena. L’arte di Quaresima è fatta anche di assenze.

Gli oggetti sono disposti secondo un principio formale esatto e partecipe, che l’artista realizza durante estenuanti prove; per poi ritrarre l’equilibrio compiuto, il rigore delle parti, la meraviglia della luce. È un atteggiamento fenomenologico quello del pittore, un sostare sulla soglia, una scelta etica più che estetica, fatta di rispetto e misura.

Per il pittore meranese la soglia è anzitutto un luogo di transizione, un punto in cui qualcosa sta per accadere o può accadere: tra realtà e percezione, tra parola e silenzio, tra quotidiano e straordinario. È una zona liminare, dove una fenditura evoca l’oltre. Stare sulla soglia per Quaresima significa osservare senza classificare, guardare senza giudicare.

Quaresima rispetta l’originale fino all’ossessione; ma con una punta d’ironia, che certo non cela: l’assoluta perfezione dell’oggetto raffigurato confonde noi che, osservando i dipinti, giuriamo che si tratta di fotografie. E invece no, non sono fotografie. Quel che vediamo non è così com’è, ma come dovrebbe essere. Davvero.

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