In cucina, il ricordo di Luigi Meneghello

11/10/2025

Il primo ricordo dello scrittore Luigi Meneghello ha a che fare con la cucina. Ecco le sue parole, come sempre a mezza via tra italiano e dialetto di Malo: «Sto in piedi sulla pietra del fogolaro (naturalmente spento e nettato dalla cenere), mi hanno sollevato da terra e posato lassù: sopra di me la napa del camino, odorato reame della fuliggine, chiuso da tole scorrevoli. Mi trovo come in una nicchia, spazi a misura di bocia, accanto al mio viso il viso affettuoso della Ernestina che sorride. In questo preciso momento per la primissima volta mi rendo conto che ci sono» (Libera nos a Malo, Rizzoli).

Ecco: proprio sul focolare spento, ripulito dalla cenere, il piccolo Luigi scopre di esistere. Lo hanno issato sulla pietra tiepida, e la bocca del camino pare un baldacchino profumato di fuliggine, protetto da lamiere scorrevoli, che cigolano appena. La cucina, allora, non è solo un luogo: è un palcoscenico di sguardi e di gesti, di parole e di rumori familiari. IL sorriso di Ernestina è il primo specchio in cui il bambino si riconosce. La luce alla finestra si mescola ai profumi di pane e di legna, al ritmo discreto di teglie e stoviglie.

Nei paesi, la cucina è il centro di gravità della casa: si mangia, si conversa, si traffica e lavora, si accolgono ospiti e segreti. Il fuoco — quasi sempre acceso — protegge le persone come un nodo invisibile. Meneghello bambino lo percepisce senza saperlo: quel focolare è radice e orizzonte, filo che raccoglie i giorni della sua vita. E in quell’istante, tra il tepore e il profumo di legna bruciata, capisce di essere davvero al mondo. Il suo mondo, in quel di Malo.

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