Non lasciare traccia, se non nel cuore

19/10/2024

Lo sapete, non amo che qui si parli dei miei libri, ma questa volta faccio un’eccezione. Vi propongo un brano da La cantante, ultimo volume della trilogia ambientata a Bergamo tra fine Ottocento e prima metà del Novecento. Protagonista è una coppia in gita a due passi dalla città: lui è un pianista cieco, che chissà come conosce il cielo e le stelle, mentre sua moglie Esperia lo ascolta con tanto d’occhi e dedizione. Nei pressi, il loro piccolo bimbo, spensierato.

«Era una magnifica giornata di fine giugno, calda e lenta, ricca di giochi, racconti ed effusioni. Un tardo pomeriggio languido, di quelli che ti passa la voglia di far qualcosa, ascolti le cicale e ti pare di avere il mondo in dote. Il rientro a casa sempre differito, a un certo punto la luna piena a illuminare il sentiero come se fosse giorno. E lui, il musicista, che si mette a raccontar le stelle. “Dammi la mano che ti spiego: se la luna è lì, allora da quella parte più o meno c’è il Carro grande, là il minore” iniziò sul semplice il pianista. “Saturno non si vede ancora, troppo presto”.
La mano in quella del suo uomo, da non capire chi guida e chi si arrende, Esperia si beava alla visione: stelle ovunque, pianeti, forse soli. E intanto quella voce bella scura almanaccava di Lepre e di Cane, o forse erano Cigno o Giraffa, sperdute nebulose o popolate, l’ardor di Mira e il folgorio di Vega. Esperia era lì lì coi lucciconi, le erano tornate fuori le storie che suo padre Dante le raccontava da piccina: le conservava ancora in un certo angolo del cuore.
E ancora fu la volta di Andromeda e Perseo, o forse Cassiopea, magari Auriga, Orsa e Drago. La mano di lui tracciava orbite e sistemi appresi chissà quando e chissà dove: le stelle costellavano il cielo come un pentagramma smisurato, da non stargli dietro con il fiato; sia pur a distanza siderale, somigliavano a quei punti in rilievo sulla carta che alle dita dei ciechi rivelano le sorprese del mondo e le sue fole».

Oggi mi chiedo se quella coppia antica avrà badato a non lasciare traccia del proprio passaggio. Sì, perché secondo i dettami di Wildhood bisogna sempre sistemare il luogo che ci ha ospitati. Me lo spiega per bene Alberto: «Con gli utenti della app organizziamo eventi chiamati Bivacco+, durante i quali ci dedichiamo al rifornimento, alla pulizia e alla riqualificazione dei bivacchi, aiutando anche i volontari che li gestiscono». Giusto, bisogna proteggere natura e spazi comuni. E non lasciare traccia, se non nel cuore.

Hai tempo fino al 24 ottobre per inviarci i tuoi racconti in 7 parole dedicati alle stelle.

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