Estate, una poesia della lodigiana Ada Negri

27/07/2024

Pochi ricordano che Ada Negri era di Lodi, chissà perché parecchi la ascrivono a qualche remota regione del sud. Nacque nel 1870, morì qualche mese prima della Liberazione, nel 1945. Famiglia modesta, semplice, ma carattere vivace e combattivo, cosa che ai tempi per le donne era considerato difetto, per non dire colpa. Orfana di padre in tenera età, riuscì a studiare grazie ai sacrifici della madre. Giovanissima, fu maestra elementare a Codogno dal 1887, poi a Motta Visconti, e autrice di poesie a partire dal 1892. Il successo fu repentino, tanto che a metà anni ’20 venne candidata al Nobel, poi vinto dalla Deledda.

Tra le poesie di Negri ne scegliamo una in tinta con la sfida dedicata all’Estate. Il caldo opprimente della pianura lombarda richiama un’accidia inaudita, estrema. In città tutto s’abbaglia, e l’ozio pare l’unica difesa, e ancora il sonno, l’oblio.

Nei mesi estivi il solleone
rende i muri così abbaglianti
che a fissarli vien sonno:
tende gialle e rosse
si abbassano sui negozi;
il nastro di cielo
che s’allunga fra due strisce
parallele di tetti
è una lamina di metallo rovente.
Dolce è non far niente,
accucciati sulle pietre roventi,
respirando il caldo.

I modelli di Negri sono Foscolo e Leopardi, per citare i maggiori, D’Annunzio per restare agli anni suoi, Whitman se vogliamo allargare l’orizzonte. E però la sua poetica è diversa, tutta sua, temprata da alcune disgrazie familiari e insidiata dalla sempre minor frequentazione con i suoi contemporanei. Negli anni la poetessa si isola sempre più, la sua voce si fa mistica. Solo la parola la tiene stretta al mondo, o forse meglio la protegge.

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