Il pane di Mimmo e di Robi

08/07/2024

Al ristorante Da Mimmo si mangia un pane speciale, squisito. Per questo motivo quale tema del Torneo abbiamo scelto proprio il pane. Ho chiesto al titolare, Robi Amaddeo, il segreto di questa prelibatezza. «Quella del nostro pane è proprio una bella storia. Il primo giorno che in famiglia l’abbiamo assaggiato era Natale. Il ristorante era chiuso come da tradizione, ma quella mattina mio padre si alzò prestissimo, così presto che il forno era ancora caldo dalla sera prima. Probabilmente pensò che quel calore non andasse sprecato. Prese un po’ di pastelle delle pizze e le unì in un unico filone, lo pose sul marmo e fece loro quattro taglietti orizzontali che servivano a far cuocere meglio l’impasto. Poi lo pose nel forno a legna, ancora profumato dai sapori che lo avevano invaso poche ore prima, e aspettò che si dorasse».

Il vostro pane è fatto con la pasta della pizza? «Esatto, è questo il segreto, semplice come tutti i segreti veri. Una volta cotto il pane, mio padre salì in casa e lo appoggiò sul tavolo della cucina, un tavolo grande, eravamo una famiglia numerosa. Noi bambini ci eravamo appena svegliati e il profumo di quel pane invase le stanze, un aroma di lievito caldo e buono. Lui ci disse semplicemente: “Provatelo!”. Quella pagnotta da un chilo e mezzo durò pochissimi minuti».

E com’è che questo pane è passato al ristorante?, gli chiedo. «Mio padre Mimmo lo fece provare a qualche avventore, piaceva talmente che gliene chiedevano sempre di più. Ricorda un nostro affezionato cliente che ogni settimana veniva da Mimmo non a mangiare la pizza, ma il pane buono con i pomodori e le melanzane sott’olio. Persino Ermanno Olmi quando venne a mangiare da noi chiese pane e olio, semplicemente pane e olio. Solo che Mimmo non riusciva a produrne tanto di quel pane, perché lo poteva cuocere soltanto nel tempo in cui il forno si faceva tiepido: non prima, non dopo. In tutto riusciva a cuocere sei filoni da 1 chilo e mezzo al mattino e sei al pomeriggio: non uno di più, non uno di meno. Era come se alla bontà si dovesse mettere sin da subito un limite».

Beh, qui ci vedo un bell’insegnamento, gli dico. «Sì, è proprio così. A chi chiedeva di comprare un filone intero, mio padre rispondeva sempre di no perché che ci teneva ad accontentare più persone possibile. Con il tempo ho capito che, oltre ad essere un modo per garantire la qualità, l’atteggiamento di mio padre, forse dovrei dire il sentimento, veniva da lontano, dagli anni in cui il pane scarseggiava, durante le due guerre. Perciò no, il pane, il suo pane, doveva essere diviso per più persone, come era successo quella mattina di Natale tra noi in famiglia. Non si può aver tutto, non è sempre festa, non si può avere tutta la bellezza, la bontà solo per sé. E poi il pane è più buono quando viene condiviso».

In questo commovente filmato, vediamo il signor Mimmo che, ancora in tarda età, cuoce il pane. Proprio come quella prima volta, a Natale.

IN COLLABORAZIONE
CON IL RISTORANTE
da Mimmo

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