La pizza più strana della mia vita
Svolgimento. La pizza più strana della mia vita non è stata proprio una pizza. Cioè, diciamo che era più una focaccia quadrotta alta due dita con sopra del sugo e qualche altro ingrediente d’origine incerta. Ma era comunque strana per il posto dove l’ho mangiata, ovvero a Manaus, nel cuore dell’Amazzonia. E per come è andata.
Dopo settimane di cucina tropicale, quella sera mi era venuta un’improvvisa voglia di cibo italiano. Chiedo in albergo, mi danno indicazioni sommarie. A quei tempi (1986) mica c’erano cellulari, Google Maps o guide interattive. Manco una carta della città avevo, per dire. Si andava ancora a spanne e il mondo era bello lo stesso, e forse pure di più.
Con tutta l’incoscienza della mia età migliore mi avventuro per strade che sicure non erano affatto; a un certo punto spunta un’insegna tricolore, la luce fioca fioca. Ci siamo, mi dico. Entro, e a conferma mi accoglie dipinta sul muro un’approssimativa cartina d’Italia con tre sole città: Roma, ovvio; Rimini, chissà perché; e Bergamo. Non vi dico la mia curiosità.
Morale, ordino una pizza e mi arriva la focaccia di cui sopra. Nel mentre, chiedo al cameriere notizie del titolare, volevo capire se c’entrasse con la mia città. E infatti si trattava di un bergamasco di Seriate emigrato in Brasile da più di trent’anni. Accorse al mio tavolo pulendosi le mani nel grembiale; piccolino, pochi capelli, gli occhi spiritosi: non gli sembrava vero poter scambiare due parole in dialetto e chiedermi un milione di cose sulla terra comune.
La pizza non riesco a farla come si deve, mi disse, qui in Brasile mancano gli ingredienti. Allargò le braccia quasi a chiedere perdono. Ora, la pizza non sarà stata chissà che, ma in Amazzonia parlando in dialetto era come essere a casa. Il giorno dopo il cuoco bergamasco m’invitò di nuovo, quasi a scusarsi di quella pizza non proprio a bolla. E la seconda volta furono lasagne davvero speciali. «Sono stato al mercato tutta mattina a cercare gli ingredienti, te le ho fatte come mi ha insegnato la mia mamma». E a quel ricordo sorrise.
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